Finestre sul Festival: la Direzione artistica e la retrospettiva del 36° Festival del Cinema Ibero-Latino Americano di Trieste

[Nella foto: un fotogramma del film Cuídate del agua mansa, del regista cileno Cristián Sánchez, protagonista della Retrospettiva del 36° Festival del Cinema Ibero-Latino Americano di Trieste.]

Nell’approssimarci all’inizio del 36° Festival del Cinema Ibero-Latino Americano di Trieste, che si terrà dal 6 al 15 novembre 2021 nella Sala Luttazzi del Porto Vecchio di Trieste (e in parte al Museo Revoltella), continuiamo ad addentrarci nel cosmo festivaliero: una realtà sfaccettata, ricca, mutevole e in quanto tale riflesso del mosaico culturale d’oltreoceano su cui il Festival apre ogni anno una finestra di dialogo e contaminazione.

 

La Direzione artistica

Fedele alla propria consapevolezza che ogni lavoro porta risultati migliori se svolto in collaborazione, il Festival del Cinema Ibero-Latino Americano di Trieste riunisce nella propria Direzione artistica, oltre allo storico Direttore Rodrigo Díaz, personalità di spicco della scena culturale italiana che ringrazia per la loro generosa adesione — , il cui coinvolgimento è un segno del prestigio che il progetto del Festival si è guadagnato nel corso degli anni grazie al rigore e alla qualità della sua offerta, incentrata sulla promozione del cinema emergente e indipendente di area ibero-latinoamericana e sul tema del riscatto della memoria.

Della Direzione artistica del Festival fanno parte dunque, assieme al Direttore Rodrigo Díaz, Luciano Sovena, Presidente di Roma Lazio Film Commission e Responsabile del Fondo della Regione Lazio per il Cinema, già Amministratore Delegato dell’Istituto Luce Spa (poi Cinecittà Luce Spa), fondatore in Marocco del primo Centro Euromediterraneo di Cinematografia e promotore in Argentina dell’accordo di sviluppo per le coproduzioni italo-argentine; e Luigi Cuciniello, che annovera fra i suoi titoli passati quello di Direttore Comunicazione e Distribuzione della Key Films (che ha distribuito in Italia le opere di alcuni tra i principali autori del cinema internazionale), Direttore Organizzativo della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica del Settore Cinema della Biennale di Venezia e in seguito anche del Settore Danza Musica Teatro, di Presidente nazionale dell’Associazione Nazionale Esercenti Cinema e Vicepresidente Vicario dell’Associazione Generale Italiana dello Spettacolo.

Con tale configurazione, la Direzione artistica del Festival si pone in totale sintonia con quella parte dell’ambiente culturale e cinematografico italiano sensibile alla cinematografia d’oltreoceano.

 

La retrospettiva di quest’anno: Cristián Sánchez

Nel 1971, all’età di 21 anni, il cineasta cileno Cristián Sánchez dirigeva il suo primo film, il cortometraggio di fiction (genere a cui rimase poi sempre fedele) Cosita, e iniziava così a sfidare le strutture della cinematografia. Due anni dopo il Cile visse l’esperienza del colpo di Stato e l’inizio della dittatura, cornice dentro cui si colloca la produzione di questo peculiare e originale regista e sceneggiatore.

Come ha scritto Jorge Ruffinelli, critico e accademico uruguayano, Cristián Sánchez è uno dei più originali e al contempo meno conosciuti registi cileni. È riuscito a caricare le sue produzioni di una forza singolare la cui fonte va ricercata in un’inquietudine che il cineasta provava già prima del colpo di Stato e dell’inizio della dittatura e che rappresentò forse la chiave per sviluppare un linguaggio diverso, capace di sottrarsi alla censura.

Il cinema di Sánchez dipinge atmosfere oscure e distorte, servendosi di un linguaggio ermetico in cui l’inconscio irrompe, attraverso gli strumenti della creazione cinematografica, dentro la realtà quotidiana. Un linguaggio da cui emerge la tensione a rilevare relazioni mitiche, per portare il cinema stesso a un grado superiore di complessità, come sosteneva lo stesso regista.  Lui stesso definiva il suo cinema “un cinema di immagini emotive, o immagini-pulsione, alla maniera di Buñuel”. Quando guarda alla società, lo sguardo di Sánchez è uno sguardo disincantato, che spazia lungo l’intero spettro sociale e racconta protagonisti spesso intenti a spostarsi dal loro luogo d’origine a un luogo sconosciuto, con un movimento che rompe la logica cartesiana e apre a quella del caos e dell’imprevedibile, a una concezione del nomadismo, non solo vero e proprio, ma anche simbolico, come risorsa per contrapporsi alla sfida di un mondo che soffoca. In questo, come titola un articolo di Jorge Ruffinelli che sarà possibile leggere sul catalogo del Festival, Sánchez è “il nomade che non è mai partito”.

Cristián Sánchez proclama la sua affinità con Raúl Ruiz, altro protagonista speciale del Festival del Cinema Ibero-Latino Americano di Trieste, che dedicherà a lui il suo primo Evento speciale: la proiezione, durante la serata inaugurale del Festival il 6 novembre presso il Museo Revoltella di Trieste, della sua opera prima El tango del viudo, restaurata e con l’audio integrale. L’evento sarà gratuito previa iscrizione (presto maggiori informazioni sul sito del Festival e sui suoi account Facebook e Instagram).

La retrospettiva che il Festival dedica a Cristián Sánchez invita a ripercorrere l’ampia filmografia di questo regista a partire da Vías paralelas (1975) in avanti, passando per titoli come El zapato chino (1979), Los deseos concebidos (1980), Cuídate del agua mansa (1995) e altri, per un totale di 11 opere, patrimonio del cinema cileno. Inoltre, sarà presentato in via esclusiva Tiempos malos (2013), l’ultimo lungometraggio del cineasta. Nel 2020 Cristián Sánchez ha realizzato due opere: Date una vuelta al aire La promesa del retorno.

Presto il programma completo sul sito del Festival.